Il rene può essere colpito da diversi quadri patologici tra cui l’insufficienza renale cronica. Una condizione spiegata da Piergiorgio Messa, professore ordinario all’Università degli Studi di Milano e presidente della Società italiana di nefrologia.
I casi sono in aumento come rivelano recenti studi. In media la malattia colpisce circa il 7-10% della popolazione. Più di 2 milioni di italiani risentono degli effetti dei loro reni che non sono efficienti.
L’insufficienza renale cronica negli stadi più avanzati può richiedere la dialisi o il trapianto a causa del malfunzionamento dei reni. Questi organi a causa della progressione della malattia non sono in grado di compiere il loro lavoro. Che consiste nel fare da filtro per trattenere le sostanze utili ed eliminare le scorie con le urine.
La letteratura medica include diverse malattie a carico dei reni quali: il diabete, le malattie cardiovascolari, l’ipertensione. Si tratta di conseguenze che nella prima fase non presentano sintomi a livello renale. Questo rende problematico intervenire precocemente nei confronti della malattia renale.
Come conseguenza la sua diagnosi avviene spesso ad uno stadio avanzato. Quindi si può solo rallentare la sua progressione, prima di arrivare alla dialisi oppure al trapianto.
Per valutare la funzionalità del rene si esegue come esame di routine quello delle urine. In associazione al prelievo ematico per valutare il dosaggio della creatinina. In genere questi esami si dovrebbero eseguire una volta all’anno.
Tra le cause che provocano la malattia renale cronica ci sono fattori più predisponenti tra cui la familiarità. Ma incidono poi delle cattive abitudini legate a: gli stili di vita errati, una dieta non sana, l’abuso di farmaci nefrotossici. Si sono poi rilevati altri fattori tra cui alcune condizioni ambientali, prime tra tutte lo smog.
Gli approcci terapeutici in caso di insufficienza renale
La malattia renale cronica si cura in base al tipo di patologia. Esistono infatti diverse terapie possibili. La cui utilità è quella di controllare le complicanze nelle fasi avanzate. Si tratta di manifestazioni quali: l’anemia, i problemi all’equilibrio elettrolitico e minerale, i disturbi osteo-metabolici e quelli cardiovascolari.
Nei casi più gravi la sola opzione è il trapianto. Ma se non è possibile eseguirlo si ricorre alla dialisi. Con questa procedura il malato si sottopone a periodiche sessioni di lavaggio del sangue.
Si distinguono due tipi di dialisi. Quella extracorporea detta anche emodialisi si esegue in ospedale tre volte a settimana. In media ogni seduta dura 4 ore. Mentre la seconda definita peritoneale si fa a domicilio.
Si precisa che però la dialisi peritoneale richiede il rispetto di precise procedure quotidiane. Inoltre si rileva che può comportare un rischio più alto di infezione rispetto all’emodialisi.
A tal proposito il professor Piergiorgio Messa ha ribadito:
“Però va detto che oggi, con la pandemia da coronavirus, i pazienti che svolgono la dialisi a domicilio hanno meno probabilità di contrarre Covid.
Un punto fondamentale, perché i soggetti con malattia renale cronica che si ammalano di Covid hanno forme spesso gravi. Con un’elevata percentuale di mortalità.
Bisogna sapere infatti che il paziente in dialisi (9.500 persone ogni anno in Italia) o trapiantato è molto complesso da gestire. Perché tutti gli organi e apparati sono coinvolti dalla malattia”.