10 ore sulla barella per una tac: muore a 67 anni. Donna muore al pronto soccorso a Roma: lunga 10 ore in barella aspettando una Tac.

È rimasta per dieci ore sulla barella del pronto soccorso di un ospedale di Roma in attesa di una Tac e poi è morta per una emorragia. A denunciare il caso di malasanità di cui è rimasta vittima a Roma una donna di 67 anni, sono stati i familiari della vittima che ora chiedono l’intervento della magistratura. La Regione Lazio vuole vederci chiaro e annuncia una verifica.

Donna al pronto soccorso, i controlli della Regione

“Abbiamo disposto stamani dalla Direzione regionale Salute – Area Rischio Clinico un immediato audit clinico per definire tutti i passaggi assistenziali che hanno riguardato la signora. Dai tempi del soccorso, al decorso, i tempi dell’inquadramento clinico e le relative modalità operative ed il successivo trasporto all’hub di riferimento. Verrà tutto svolto con la massima celerità. Ai familiari vanno le sentite condoglianze, assicurando che verranno chiariti nella massima trasparenza tutti i passaggi clinici”, fa sapere una nota della Regione.

La nipote della donna: 10 ore sulla barella

I familiari non hanno potuto ancora acquisire la cartella clinica, ricostruiscono il calvario dai messaggi e dalle telefonate che si scambiano con Alessandroni durante l’interminabile attesa dell’esame diagnostico. “Solo alle 23 le hanno fatto finalmente la tac – aggiunge Corda – alle 23.21 ci ha scritto che era ancora in attesa del risultato. Si lamentava. “Sono piena di dolori – mi ha detto l’ultima volta che l’ho sentita – non ne posso più, vorrei solo addormentarmi””.

Non appena arriva l’esito della tac, i medici del pronto soccorso decidono per il trasferimento d’urgenza al policlinico di Tor Vergata. “Alle 2 era ancora al Vannini – assicura la nipote – poi l’hanno portata a Tor Vergata dove in poco tempo l’hanno operata”, dove è stato comunicato che era paziente Covid.

Alle 5 del mattino un anestesista chiama la famiglia. “Mia zia è morta sul tavolo operatorio – sospira Corda – hanno fatto di tutto, ci hanno spiegato che quando hanno aperto l’addome hanno trovato l’emorragia in stato così avanzato che non c’era più nulla da fare”.

“La signora – replicano al Vannini – ha fatto il percorso Covid che ha allungato i tempi, accusava dei sintomi generici, è stata sottoposta a due tac e poi trasferita a Tor Vergata, l’hub di riferimento per il reparto di cardiochirurgia”.

Una versione che non convince affatto i familiari, decisi a rivolgersi alla magistratura. “Rossana Alessandroni – ripete la nipote – quando è entrata in ambulanza era vigile, orientata: è entrata in ospedale viva e ce l’hanno ridata morta. Vogliamo giustizia: vogliamo sapere la verità. Perché ci hanno messo così tanto a farle una tac e poi a trasferirla a Tor Vergata? Se avessero agito prima forse mia zia sarebbe ancora viva”.